Fotografo solitario, filosofo meditabondo, uso i miei appunti fotografici en plein air per immagini sinestetiche.
Attraverso l’uso dei 5 sensi + 2 – cuore e mente -, osservo, contemplo, medito, scelgo, estrapolo, mi soffermo, racconto ciò che più mi colpisce, coinvolge, emoziona.
Artista crossmediale 2.0 dall’avvento del digitale; il mio progetto artistico Penisolabella ha per soggetto l’Italia minore con la M maiuscola, il più grande giardino emozionale diffuso.
Architetture, luoghi, paesaggi sensibili urbani naturali rurali antropizzati, mi parlano, si mettono in posa, attraggono la mia attenzione.
Amante sia della fotografia come delle arti grafiche e pittoriche, oggi, grazie ai mezzi digitali, come Artista Visuale, macchina fotografica al collo, computer online, narro con la fotografia prima, trasformo poi i miei scatti in acquarelli.
Poi grazie a Internet diffondo e vendo le mie opere: AD OGNI EPOCA LA SUA ARTE, ALL’ARTE LA SUA LIBERTÀ.
La mia arte è contemplativa, non urla, è pacata, non rivoluzionaria, nel senso richiesto all’arte contemporanea, sempre alla ricerca del prodotto artistico consumistico, strano, innovativo.
In assenza di segni e confini, nell’acquerello i colori formano masse e volumi, onirici, sfumati ed evanescenti.
Analogamente alla maggiore o minore diluizione dei colori in acqua, l’acquerello digitale, al fine di restituire interpretare creare ciò che si sente ed intuisce; estrapola e restituisce le armonie e i contrappunti dei colori e della luce che colpisce i soggetti che formano la scena; il progetto è analogo, fissare colori che diano forma al reale interpretato; la differenza è nel procedere: nell’uso dei pennelli imbevuti nei colori diluiti dall’acqua, si aggiungono via via colori sfumature trasparenze sulla carta, mentre nel digitale, i soggetti e la scena sono già contenuti dalla carta ed attraverso la tecnica del togliere e levare, vengono liberati dall’eccesso d’informazioni, apparendo dal bianco del fondo, come appariva l’immagine latente durante lo sviluppo in camera oscura.
Così ispirò e fu utilizzata dai pittori impressionisti nella tecnica attenta a cogliere scene fatte di masse ed atmosfere fatte di masse, atmosfere, luci, ombre e colori.
E già quando ancora non esistevano i computer, si utilizzò per manipolazioni artistiche attraverso tecniche di post-produzione, basate su xerografie, cianografie, stampe alla gomma, lavorazioni con pellicole fotomeccaniche, ecc..
Dovranno anche essere messe da parte tutte le idee precedenti sui procedimenti fotografici senza argento o di tipo non convenzionale, perché tutte le opinioni in merito saranno messe in discussione.
Laddove, infatti, l’impadronirsi degli aspetti tecnici dei miei procedimenti può essere alla portata di chiunque, solo pochi riusciranno a sviluppare una vera sensibilità specifica.
Come in ogni esperienza artistica c’è ampio spazio per la sperimentazione, per l’incidente, per il «provarci a naso».
Trasferire immagini fotografiche su carta da disegno, su tessuto o altra superficie è appassionante: elaborare, risolvere i problemi pratici di un procedimento, svilupparlo e perfezionarlo, diventa una grande emozione.
Sarebbe infatti sbagliato avvicinarsi a questi metodi come se fossero delle semplici «esercitazioni» per l’apprendimento di nuove tecniche fotografiche.
Accrescere il proprio vocabolario di procedimenti è importante, certo, ma un’autentica maturazione della propria personalità fotografica si otterrà solamente dall’assimilazione intima delle conoscenze tecniche e dalla loro corretta applicazione.
Il successo si ottiene con una giusta combinazione di idee e di procedimenti tecnici: la ricerca a volte potrà essere frustrante, ma i risultati sono comunque stimolanti e i successi gratificanti.
Sono buone domande, ma non prevedono risposte facili.
Tutte le foto sono adatte per i procedimenti adottati, ma non sarei in grado di descrivere analiticamente il motivo esatto per cui scelgo un’immagine piuttosto di un’altra, e perché uso una serie di procedure invece di altri.
Piuttosto, tutto risponde ad un progetto visivo e mentale che risponde ad un risultato virtuale ma chiaro, reale e concreto nella mia mente.
Il processo creativo, nel mio caso, tirar fuori un’idea per un’immagine fotografica, e poi realizzarla praticamente, è complesso; interi volumi sono dedicati all’argomento.
Nel libro «Un approccio creativo al controllo della fotografia» (Hei-delberg Press, 1974) Harry Boyd scrive: «Il problema di trasformare l’idea astratta in una realtà fisica è sempre stato la sfida fondamentale che l’artista ha dovuto affrontare.
Anche per il fotografo, che può introdurre strumenti meccanici nel processo creativo, il problema di comunicare l’idea all’osservatore non è meno grave: è semmai più serio, perché il fotografo deve diventare padrone di un gran numero di tecniche e di strumenti prima che il suo mezzo espressivo funzioni come richiesto e si conformi alle necessità delle sue emozioni e della sua immagine.»
Come fa un artista, pittore o fotografo non importa, ad avere l’idea di un’immagine?
È semplicemente una lampadina che si accende nella testa, o c’è qualcos’altro?
Io affermo che c’è qualcos’altro.
L’idea di una fotografia, il formarsi nella mente di un’immagine visiva, è un accumulo di anni di osservazione e di studio, di informazioni e suggestioni, che improvvisamente fanno «click».
Occorrono sensibilità e reattività agli stimoli visivi e sensoriali.
Il primo momento del processo creativo è questo riconoscere un qualcosa come una potenziale immagine: riprodurlo con la fotocamera, annotarlo in un diario visuale, o semplicemente farsi un appunto mentale.
Il secondo momento è la scelta del mezzo espressivo col quale l’idea dovrà essere presentata.
Per la maggior parte dei fotografi, il fare fotografie significa fotocamera, ieri materiali sensibili all’argento, e camera oscura, oggi processori, schede di memoria e computer.
Per il fotografo che lavora coi procedimenti artistici, ieri come oggi, la trafila è più complessa e comprende non solo fotocamera e gli altri ammennicoli fotografici convenzionali, ma anche un procedimento di elaborazione, software e stampa, varie superfici di stampa, le varie tecniche di finitura con l’applicazione su oggetti, anche per il merchandising.
L’immagine non deve soltanto venir percepita e fotografata; dev’essere anche trasferita passo dopo passo attraverso una serie di lavorazioni ed esaminata criticamente ad ogni stadio per accertare che corrisponda ancora all’idea originaria.
Questo esame continuo dell’immagine durante il lavoro consente decisioni estemporanee basate sull’intuito.
L’immagine può venir completamente modificata da fattori casuali (molti artisti li chiamano «incidenti fortunati»): i risultati possono essere interessanti, curiosi, a volte bizzarri; può succedere di accorgersi che la stampa «sbagliata» ha qualcosa da dire, forse anche qualcosa di ancora migliore dell’idea originaria.
Decidere di servirsi degli incidenti fortunati, fa parte anch’esso del processo creativo.
La fase finale, quella della finitura, è quella che prepara l’immagine per l’osservazione: con cornice o senza, cucita, su tela o su abiti, su tazze ed oggettistica varia.
Questo stadio è altrettanto importante dei primi passaggi, perché da come l’immagine è osservata dipende ciò che essa comunica.
Detto ciò è bene sottolineare che è inutile lavorare con scatti mediocri e aspettarsi miracoli: niente può salvare un’immagine scadente in partenza.
I buoni risultati si ottengono solo lavorando partendo dal materiale migliore.
1. Analizzare con attenzione il contenuto dello scatto originale su cui si intende lavorare.
È buona la composizione?
L’immagine evoca una risposta, a me e ad altri?
2. Pensare bene al formato dell’immagine definitiva, infatti non sempre il grande formato è migliore: alcune immagini rendono meglio in grande, altre in piccolo;
3. Non fermarsi mai ai risultati ottenuti, mai appagato, sempre alla ricerca di nuove tecniche e strumenti; analizzo bene ciascuno dei procedimenti, ogni opzione, ogni possibile interazione e sovrapposizione.
Studio le potenzialità, valuto vantaggi e svantaggi.
4. Mettere in rapporto il procedimento con l’immagine, e mi faccio domande del tipo:
– qual è la superficie, più adatta per ogni specifica immagine? Carta? Tessuto? Oggetti solidi come vetro o metallo?
– la stampa dovrà essere monocromatica o a colori?
– quali software usare e quali strumenti del software sono i più adatti al risultato che voglio conseguire?
– qual’è il momento di fermarsi nell’elaborazione?
– come potrà essere la finitura? L’immagine si presta come supporto di disegni, coloriture, ecc.?
– quali sono le sue limitazioni?
5. Decidere nella mente, quale dovrà essere l’aspetto della stampa finita al momento della presentazione, mirando ad ottenere questo risultato, tenendo però presente che gli imprevisti nel corso del lavoro potranno influenzarlo.
La creazione continua senza soluzione di continuità, sulla base della sperimentazione ed esplorazione preliminare delle fotografie e delle opere susseguenti; metto in dubbio ciò che conosco, leggo, imparo, considerando tutte le ipotesi e possibilità: ci sono occasioni da cogliere, e le regole sono fatte per essere infrante.
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